Molte persone arrivano in terapia con uno stato di cronica e costante insoddisfazione ed è questo sentimento che portano in terapia come l’elemento più logorante. Affermano nelle loro storie: “mi sento insoddisfatto”.
Nella loro vita non c’è, a loro modo di vedere una causa specifica, un evento troppo forte per sentirsi autorizzati a sentire disagio. Infatti sono persone che mediamente hanno un lavoro, una casa, degli amici, una relazione, quelli che “non diresti mai che vanno dallo psicologo”.
Quando parenti e amici lo scoprono dicono ”…ma perché devi parlare con uno sconosciuto che devi pure pagare, non ti basto io?”.
Le storie di queste persone raccontano invece il forte e direi, moderno, senso di sentirsi al confine della sopravvivenza. Tutti i giorni hanno l’idea di trascinarsi verso un’altra vacanza, verso un altro momento scandito del calendario senza sentirsi al comando della loro vita. Nulla li soddisfa appieno, nulla da loro la gioia di vivere.
Insieme nel rapporto terapeutico troviamo le radici di questo pilota automatico che hanno inserito e che spesso è collocato nel basso senso di autostima e la paura di uscire allo scoperto. Riprendiamo insieme il percorso per uscire da un copione già scritto da qualcun altro per cui dovevo diventare un dottore, un avvocato, dovevo sposarmi, ecc…
È così che riprendono il comando della loro vita, è così che la disegnano con i colori preferiti e sentono di appartenere a ciò che hanno scelto.